auflehnung (ribellione)
Ho vissuto la ribellione praticando l'alpinismo a modo mio. I vent'anni si vivono una volta sola nella vita ed è un diritto sfruttarli nel miglior modo. In questo non ho mai incontrato ostacoli, ancora una volta dipendeva da me stesso dove, come e quando.
Ho incontrato le persone giuste e sono partito. Ho sguinzagliato la mia energia da adolescente su per le pareti delle Alpi, uno dopo l'altro ho smascherato i sogni della loro identità. E sapevo sempre ciò che mi aspettava. Stranamente non c'erano mai delle sorprese, che non fossero dettate dal mio stato fisico e mentale. Le salite che mi sono rimaste maggiormente nel cuore sono iniziate sempre al buio, con scariche di sassi come benvenuto, crepacciate da oltrepassare e reperti sbiancati e sfilacciati, testimonianza umana di vecchie battaglie con l'alpe.
Contro che cosa ci ribellavamo, quindi? Direi che principalmente la ribellione, il bisogno di evasione era dettato proprio dalla nostra indipendenza e da fortuiti privilegi, come il possedere una Uno scassata, che ti permetteva comunque di raggiungere le Dolomiti nel giro di un'ora, o contare su un datore di lavoro flessibile, comprensivo (di che cosa??) che ti agevolava sui tuoi propositi e che l'azienda non avrebbero sicuramente beneficiato.
Come zingari rincorrevamo i giorni più belli dell'estate passando da una parete all'altra, a volte accumulando indigestioni di roccia e adrenalina, ma eravamo giovani e il metabolismo bruciava fatiche e sbornie post-uscita.
Ricordo che l'indomani dall'esser usciti dal diedro Philipp-Flamm, stentavamo di ricordare i momenti passati due giorni prima sulla sud della Marmolada, e la settimana prima, in Lavaredo sembrava riguardare tempi remoti. E' vero, il titolare era benevolo, ma io ero rapido nel mio lavoro e terminate 9 dure ore in laboratorio tra scaglie di pietra, nuvole di polvere e pile di davanzali da "spigolare", riuscivo a trovare la volontà di guidare fino nel longaronese, per accumulare tiri di corda in qualche falesia e prepararmi per un week-end dominato dalla croda.
Niente happy hours o notti estenuanti in discoteca, poche presenze alle sagre, se non al raggiungimento dello strenuo. Acne sul viso e un desolato senso di abbandono dall'approccio di occhi femminili. Ecco, forse queste erano le fondamenta su cui basava la mia ribellione, l'essere aggrappato ad una visione individuale e distaccata dell'adolescenza, il non accettare costrizioni fatte dalla società.
Dormivamo sotto i sassi, ci accontentavamo di sbronzarci al rifugio al termine di una bella giornata, a stomaco vuoto, perché non serviva altro e speravamo di poter usufruire il giorno dal suo inizio fino al crepuscolo e anche oltre, sotto milioni di stelle.
Ho incontrato le persone giuste e sono partito. Ho sguinzagliato la mia energia da adolescente su per le pareti delle Alpi, uno dopo l'altro ho smascherato i sogni della loro identità. E sapevo sempre ciò che mi aspettava. Stranamente non c'erano mai delle sorprese, che non fossero dettate dal mio stato fisico e mentale. Le salite che mi sono rimaste maggiormente nel cuore sono iniziate sempre al buio, con scariche di sassi come benvenuto, crepacciate da oltrepassare e reperti sbiancati e sfilacciati, testimonianza umana di vecchie battaglie con l'alpe.
Contro che cosa ci ribellavamo, quindi? Direi che principalmente la ribellione, il bisogno di evasione era dettato proprio dalla nostra indipendenza e da fortuiti privilegi, come il possedere una Uno scassata, che ti permetteva comunque di raggiungere le Dolomiti nel giro di un'ora, o contare su un datore di lavoro flessibile, comprensivo (di che cosa??) che ti agevolava sui tuoi propositi e che l'azienda non avrebbero sicuramente beneficiato.
Come zingari rincorrevamo i giorni più belli dell'estate passando da una parete all'altra, a volte accumulando indigestioni di roccia e adrenalina, ma eravamo giovani e il metabolismo bruciava fatiche e sbornie post-uscita.
Ricordo che l'indomani dall'esser usciti dal diedro Philipp-Flamm, stentavamo di ricordare i momenti passati due giorni prima sulla sud della Marmolada, e la settimana prima, in Lavaredo sembrava riguardare tempi remoti. E' vero, il titolare era benevolo, ma io ero rapido nel mio lavoro e terminate 9 dure ore in laboratorio tra scaglie di pietra, nuvole di polvere e pile di davanzali da "spigolare", riuscivo a trovare la volontà di guidare fino nel longaronese, per accumulare tiri di corda in qualche falesia e prepararmi per un week-end dominato dalla croda.
Niente happy hours o notti estenuanti in discoteca, poche presenze alle sagre, se non al raggiungimento dello strenuo. Acne sul viso e un desolato senso di abbandono dall'approccio di occhi femminili. Ecco, forse queste erano le fondamenta su cui basava la mia ribellione, l'essere aggrappato ad una visione individuale e distaccata dell'adolescenza, il non accettare costrizioni fatte dalla società.
Dormivamo sotto i sassi, ci accontentavamo di sbronzarci al rifugio al termine di una bella giornata, a stomaco vuoto, perché non serviva altro e speravamo di poter usufruire il giorno dal suo inizio fino al crepuscolo e anche oltre, sotto milioni di stelle.