Sulla soglia degli "anta"

 


E' tutto l'anno che penso "questo sarà l'inizio degli "anta"( ...e beviamo tutti Fanta!). A novembre compiremo quarant'anni ed è la prima volta che mi sento così onorato. Il mio metro di misura, per verificare se il mio stato psico-fisico resta inalterato, è come sempre la montagna. Quindi mi dico "Ok, quest'anno vediamo di fare qualcosa di sano!"

L'inverno 20-21 comincia subito in Do maggiore, con l'arrivo delle buone condizioni della neve in Alpago, sia per sciare che per scalare! Con Andrea "Capo" realizzo da subito la prima ripetizione di Cugi's Corner sulla Palantina, una meraviglia ritornata ad apparire come si deve dopo un decennio! 



Andrea ed io, felici come bambini!

Alla sua destra però campeggia il nastro di ghiaccio di Questo Gioco di Fantasmi, gonfio come non mai. Mi preoccupo di avvertire qualcuno che lo vada a ripetere, non vorrei esser io anche stavolta a rubare un piacere così sostanzioso. E così due giorni dopo ecco rispondere alla chiamata Santi Padros e Diego Toigo, l'averli visti su quella via per me tanto importante ha riempito il cuore. Difficoltà confermate ma, a parte questo, ciò che ha contato di più è stato il rinnovo dell'invito per una nuova via da concretizzare assieme.

Santi e Diego sul secondo tiro di Questo Gioco di Fantasmi

Passerà del tempo, con un tentativo carico di energia, nel pieno di una bufera "calda" che getterà contro Santi e me tutto il ghiaccio in discioglimento, proveniente dalla parte alta della parete e convogliato dal nevaio proprio sul couloir dove stavamo appesi.

Santi alle prese col primo tiro della via nuova



Solo gli amici Gio e il Gambero (Giovanni Zaccaria e Andrea Gamberini) avranno la meglio, guadagnando la parte alta della Vazzoler e aprendo una loro via indipendente fino in cima. Nel frattempo, inoltre, grazie al perdurare delle condizioni eccezionali, in cordata con Teto (Stefano Cagia) ero ritornato anch'io a giocare con gli scherzi effimeri su Questo Gioco di Fantasmi, un piacere immenso ritrovarmi ancora su quell'ambiente straordinario e affrontandolo in completa fiducia. Sicuramente merito di un'abbondanza di ghiaccio non offerta durante l'apertura della via nel 2011, ma anche della consolidata esperienza ulteriormente accumulata è stato possibile constatare che la mia passione è rimasta immutata nel tempo.

Nebbie mistiche sul primo tiro

Teto comincia le danze su Questo Gioco di Fantasmi

il fantastico secondo tiro


sul salto finale che porta all'uscita

L'apertura di una nuova via nel cuore della parete nord-ovest della Palantina ha esaudito le mie aspirazioni esplorative su quel terreno. Ritornati all'attacco di quel super-couloir che ci aveva cacciati una settimana prima, Santi ed io con l'aggiunta del fidato Diego abbiamo attraversato il nevaio centrale portandoci sotto all'incombente "Mathuia" (in dialetto "testata"), cioè la porzione di roccia finale a forma di timpano. Era l'ultimo baluardo del versante che chiamava di esser esplorato e fummo sorpresi nel constatare che in realtà esistesse un passaggio logico ed elegante che ci conducesse in cima senza forzare la linea con assurdi rischi, bensì con un'incredibile arrampicata mista aggettante nel vuoto dai movimenti di rara bellezza!  

Di nuovo sotto la nostra via, la centrale delle tre colate


Santi ricalca i suoi movimenti sul crux del secondo tiro, 
assieme al passaggio originale di Cugi's Corner il tratto più impegnativo della parete, M6+


condizioni inimmaginabili sul terzo tiro

ad un tiro di corda dal nevaio centrale, difeso dallo strapiombo a fil di cielo

stessa posizione, ma ripresa con il teleobiettivo da mio papà Alvio


Santi sulla "Mathuia"
Diego esce dal crux dell'ultimo tiro, uno dei passaggi valutati M6+


sulla "Mathuia".
Al centro io e Diego, Santi ci sta recuperando in cima al sole

Svuotato di quell'ultimo desiderio, mi ritrovai a ripensare alle solitarie, in particolare a quella del 2007 sulla Vazzoler. Mosso dalla voglia di tornare a fare le stesse mattanate e per vedere se fossi ancora capace, partii con un po' di attrezzatura in più di quella volta ma con l'intenzione di salire Ritorno al Futuro usando quasi lo stesso stile adottato da me e Peter in apertura, e cioè slegato fino alla nicchia per poi autoassicurarmi nei tre tiri impegnativi, concludendo ancora slegato nel canale finale. Ancora una volta avevo la conferma di quanto la determinazione può consolidare i sogni... si crede di conoscersi e di convincersi che certe cose nella vita non ritornino più e invece mi è stata rinnovata la possibilità di ricalcare le mie orme ma con una forza interiore rafforzata!

sul primo tiro della variante Ritorno al Futuro

Uscita dalla seconda nicchia


uno sguardo verso le nebbie 

Sull'ultimo balzo prima della cima, uscendo dall'ombra

Continuai il mio percorso scendendo per gli esposti gradini rivolti a sud, favorendomi un comodo accesso al versante nord del Colombera e attaccai il Camino dei Tor. 

il tracciato del Camino dei Tor, con i tre tiri affrontati in ropesolo.

Dapprima mi trascinai la corda affrontando il primo difficile tiro senza autoassicurarmi, pensando che essendo così carico di ghiaccio fosse più sbrigativo, ma invece quando notai che la corazza non era tanto sostenibile, mi bastò connettere il capo della corda ad una buona protezione e continuare in sicurezza. Trovai il camino intasato da formazioni nevose di tutti i tipi, un ambiente davvero opprimente, era quello che ci voleva, in fondo quello che desideravo io stesso. L'impegno totale mi prosciugò quel tanto che bastava, dopo l'ultima strozzatura strapiombante recuperai e sciolsi la corda nel giusto attimo in cui si alzò un forte vento che spingeva spruzzi di neve giù per il budello dove c'ero io, facendomi sentire come un topo in trappola ma con le chiavi dell'uscita in mano. Uscito in vetta ero ancora in tempo per scendere a casa trovando la polenta ancora calda, mi affrettai ancora una volta perché ne valeva la pena!

al termine del primo tiro del Camino dei Tor

il secondo tiro, colmo di neve e ghiaccio

terzo tiro, neve inconsistente sui massi incastrati

Forse ha più efficacia una foto nel trasmettere ciò che si vive, che si respira quando si è là dentro la bolla, sembra d'indossare gli occhiali 3d e di vedere le cose diverse... poi quando sei di ritorno e cammini sulle foglie di faggio realizzi che anche questo sogno lo hai avverato, nessuno ti ha detto di farlo e stai già pianificando il prossimo! Ricorda vagamente "Time" dei Pink Floyd vero? 

E un giorno scopri che dieci anni se ne sono andati

nessuno ti ha detto quando metterti a correre

e hai perso il segnale di partenza

Non solo ero ritornato sulla Vazzoler concatenandola in solitaria e in un paio d'ore con la Goulotte Zio Ragno, ma avevo pure espanso quella visione di libertà,  realizzando un'aspirazione che da tempo maturavo dentro di me. 

L'inverno terminò senza che io riuscissi a fare un giro in Dolomiti su qualche via di roccia. Le montagne di casa mi avevano trattenuto a lungo con il loro effimero fascino. Tuttavia mi sentivo perfettamente a mio agio per un primo approccio con la scintillante dolomia dello Spigolo Giallo, in un mattino assolato di fine primavera. Inoltre era una delle vie che  non avevo ancora salito. 




Non avevo alcuna intenzione di continuare tutta la stagione arrangiandomi da solo sulle vie, come avevo fatto gli anni scorsi. Ritrovai la serenità di arrampicare con la Niky, dopo otto anni distante dall'arrampicata in ambiente, seppe riprendere il controllo delle sue capacità, pur essendo due genitori responsabili, ritornammo in cordata gioendo e condividendo la grande passione.

Niky sulla Benvegnù alla Croda Paola, Moiazza

Sulla splendida via Decima-Todesco

Sul traverso del Campanile di Val Montanaia

Sulla mia via in Mèsser, Alpago, prima ripetizione

Cominciai subito a condividere l'altro capo della corda anche con quel ragazzo terribile che mi era sempre apparso come un ossessionato di vie dure e mi lasciai coinvolgere dal suo karma. Con Teto era probabile che avessi ritrovato la spinta per avviare una stagione intensamente simile al lontano 2007, e col senno di poi, credo che più che eguagliarla la oltrepassammo di brutto!

Non chiedetemi come ho fatto a continuare dopo avergli trattenuto uno spettacolare volo sugli strapiombi finali della via Bonafede-Livanos- Clunet alla Torre di Babele in Civetta, nostra prima prova generale così carica di emozioni! Lì ho capito che Teto è una macchina da guerra, due "testoni" come noi non avrebbero avuto problemi, in seguito.

Cagia sul secondo tiro della Bonafede

Nel diedro della parte alta

Teto esce dal tetto che chiude il diedro, alcuni attimi prima di cadere

Affrontando un itinerario  misterioso ed impegnativo, c'è bisogno che la tensione della cordata sia regolata come una corda di una chitarra elettrica, nella nostra abbiamo anche molti effetti speciali. Entrambi amanti della buona musica, sulle note dei Led Zeppelin abbiamo iniziato lunghe giornate dolomitiche. 
Sulla prima parte della Dibona-Da Pozzo-Valleferro
al pilastro della Tofana di Mezzo

sulla sezione strapiombante


Cagia sul ristabilimento dopo il secondo tetto

Francesco Lorenzi sugli strapiombi dello
Spigolo degli Scoiattoli al Sasso di Toanella


Cagia e Capo in sosta sulla Gherbaz alla Croda Cimoliana

Mi sembrò di tornare ventenne: sì! Pilastro della Tofana di Mezzo, Gherbaz alla Croda Cimoliana in compagnia anche del Capo" e poi, inaspettatato... ecco pronunciarsi dalle nostre labbra il più terrificante e celebre accostamento di cognomi.. "Che dici? Hasse-Brandler vez?" Quasi all'unisono, nella perfetta sintonia di idee ed aspirazioni, ecco nascere la fiamma che da anni non mi bruciava nel cervello. L'ambizione di una via cult, un must, chiamiamola come cavolo ci pare, era quello che ci voleva!

L'oscuro accordo ideato da Jimmy Page per il brano Friends s'intonava perfettamente con l'aria che si respirava all'interno del Caddy di Teto , mentre sgommava in mezzo ai cirmoli sulla strada delle Tre Cime.

Ci guardammo dritti negli occhi dopo aver calzato le scarpette magiche, aperto lo straripante sacchetto della magnesite... "me la sto facendo addosso, amico!!!"




Si sapeva che sarebbe stata una giornata lunga e intensa, ED: estremamente difficile! L'unico pensiero che ci teneva calmi e ligi al nostro dovere era che entrambi eravamo all'altezza di ciò che eravamo andati a fare. Da una parete del genere potevi solo contare sulle tue forze, passaggio dopo passaggio, affrontando una roccia a volte scorbutica e tremendamente bagnata. Incontrammo qualche bel tratto di arrampicata obbligatoria dove mancavano protezioni fisse che ci mise il pepe in un certo orifizio. Nel frattempo, dal basso ci giungevano grugniti e urla terrificanti della cordata dei francesi che ci seguiva ad un centinaio di metri di distanza. Sembrava di essere in uno stadio olimpico con atleti in preda a follie maledette. Noi eravamo silenziosi, invece, rispettosi e umilmente grati di trovare buone soste, generosamente protette da spit e chiodoni dell'epoca. All'uscita sulla cengia anulare la sensazione fu di scavalcare il bordo di un enorme barile giallo e fradicio. Noi, formichine impaurite e intrepide nel vivere questi grandiosi attimi.

A fine agosto anche il "Capo" riuscì a ritagliarsi un pochino di tempo per i grandi sogni e quando proposi a tutti la Solleder alla nord-ovest del Civetta, fu come sventolare i biglietti per Disneyland! La nostra piccola truppa, completa con l'aggiunta di Francesco Lorenzi, avrebbe formato l'indomani due scaltre cordate. Avendola già salita sei anni prima, sarei andato al comando della prima cordata con l'intenzione di mantenere un ritmo abbastanza agile da poter uscire in vetta presto e rientrare a casa la sera stessa... ma, già che ci eravamo persi nel Valon de le Ziolere, sotto una finissima pioggierella ambivamo per il momento di arrivare al rifugio Coldai in tempo per la cena!

Che bella compagnia! Piatti carichi di spaghetti e uova con lo speck, caraffe provvidenzialmente ricolmate di vino e birra, Grappino e cicca prima di filare in branda... continuavo a non credere di esser tornato a vivere questi momenti e in fondo chissà per quale motivo mi ero preoccupato che non ritornassero. Erano forse questi miei preziosi amici ad aver risvegliato il drago?

Alba all'attacco della Solleder-Lettembauer: Si va in scena!

L'approccio con la grande parete al mattino ancora col buio mette la giusta dose di timore, poi ci si innalza verso la Fessura Lettembauer mentre altrove sorge l'alba, si riconoscono i celebri passaggi impegnativi e i ghiaioni si allontanano sempre di più. Aumenta anche lo stupore per la maestosità dell'ambiente, per l'eleganza dell'itinerario e la gioia di vivere questi momenti di vita salendo una via storica e unica nelle Alpi. 

"Fessura Lettembauer"

Uscendo dal Camino Bloccato

Capo esce dal Camino Bloccato

Sul traverso per raggiungere il ghiacciaio Cristallino

Ciononostante, il continuo impegno e susseguirsi di strutture rocciose come diedri, pinnacoli, camini profondi e placche fessurate, induce a credere che questa parete non finisca mai e ti trattenga nelle sue viscere come un labirinto. A me sembra di stare nei vicoli di Venezia, quando la sera correvo a prendere il treno e quei corridoi lastricati sembravano ricrearsi come in un gioco. Negli ultimi posti di fermata mi era apparso di vedere nei miei compagni una sorta di interrogativo della serie: "Ma su questa via fin dove si deve salire se non fino in cima?" E infatti uscendo a pochi passi dalla croce metallica si esaurisce il completo sviluppo della muraglia, oltrepassando il kilometro verticale. Uno dopo l'altro, ecco sbucare i visi dei miei soci di ventura: oltre il bordo di questo baratro ora ci sono i loro sguardi illuminati dalla gioia, ci sono i singhiozzi di emozione, gli abbracci e il coronamento di un'estate resa più vivace grazie alla passione di cacciarci in queste situazioni.

Facce felici!

Facce esauste, ma felici!

E' grazie al buonsenso dettato dai miei soci se quella sera stessa non mi sono messo al volante per raggiungere la famiglia a Bibione e ho voltato per ritornare a casa per riposarmi, farmi una doccia e scendere la mattina dopo con la voglia di vedere dove va a finire tutta quell'acqua che parte dalle montagne! Quando una settimana più tardi alla Niky giunse l'opportunità di volare in Spagna a rincontrare la sorella Alessia dopo più di due anni, suggerii di andarci da sola per vivere appieno quell'esperienza. Fece rifiorire in me il desiderio di compiere l'ultima grande salita della stagione, ancora una volta, da solo. La scelta cadde inaspettatamente su una via di Messner, forse perché il suo spirito ribelle (ben raccontato nel suo documentario e altrettanto ben accompagnato dal pezzo The Times They Are A-Changin') entrò con impeto nel mio cuore, in un momento di ipersensibilità e mi spinse a ritrovarmi con me stesso.Il Grande Muro al Sass dla Crusc, sopra la Val Badia era l'obiettivo perfetto e non indugiai un istante mentre guidavo nella notte verso quei luoghi lontani. Sapevo da un mio caro amico che pure lui lo aveva scalato in solitaria, il Gigio da Cison ( Gigi Possamai) che non era una cosa facile, per via del lungo zoccolo da affrontare con il sacco pesante e il lungo traverso della "Lama Staccata", che in autosicura avrebbe comportato di percorrerlo tre volte.

Sul primo tiro impegnativo ( VI+ )che conduce alla grande placconata .
 Il Grande Muro, appunto.

Ridiscendendo verso la "Lama Staccata", per recuperare il materiale

Autoscatto della Gopro,
 agrappato alla "Lama Staccata"

Risalendo lungo la fessura finale che conduce fuori dal Grande Muro


Scrissi in un post su Instagram:

"Ore 5,45, frazione di Castalta, Val Badia. Scorro davanti alla porta di una confortevole stalla, solo le vacche si voltano a salutarmi. Il contadino è troppo occupato sul suo lavoro e in parte lo invidio. Sono io che sbaglio ad andare a zonzo per le montagne nel buio più totale... ma lo zaino e il cuore sono carichi del giusto occorrente e mi convincerò, come sempre, che vale la pena andarci anche stavolta.

Soltanto verso mezzogiorno le nebbie si diraderanno, quando ormai sbucherò in cima al Grande Muro, lasciandomi dietro tutti i problemi che mi avevano tenuto sulle spine; il lungo ma piacevole zoccolo, il camino iniziale con qualche residuo di grandine nel fondo, l'esposto traverso che percorrerò tre volte imparandolo a memoria e l'esaltante fessura terminale. Le campane richiamano sull'intera vallata l'ora di pranzo. Giù nel furgone una Madonnina di marmo, appena ultimata la sera prima, necessita di esser consegnata al committente nel pomeriggio. Tutto sembra esser rimasto come alla mia partenza. Solo io sono cambiato dentro."
Venite qui intorno gente
Ovunque voi vaghiate
E ammettete che le acque
Attorno a voi sono aumentate
E accettate che presto
Sarete inzuppati fino all'osso.
E se il vostro tempo per voi
Vale la pena di essere salvato
Fareste meglio ad incominciare a nuotare
O affonderete come pietre
Perché i tempi stanno cambiando.

Coi piedi al sicuro sul pianoro sommitale

Pascoli e vertigini, come nel cartone di Heidi.

Lasciando alle spalle il Grande Muro,
con le altre cordate ancora impegnate ad arrampicare



E mentre fuori dal finestrino del furgone scorrevano i paesaggi dolomitici fino a sfumare con le caotiche valli piene di traffico e fastidi, ascoltando il ritornello con la voce evocativa di Bob Dylan, trattenevo le lacrime dalla rabbia. Ora era il tempo della ribellione, ce la saremo vista con il mondo che stava per cambiare. A nostra figlia Ines avremo sempre mostrato cos'è il buonsenso e come si guadagna un granello di libertà ogni tanto. Ritornammo tutti a casa un po' alla volta, chi dalla splendente Spagna, chi dalle vacanze dai nonni e chi dalle sue fughe sui muri di roccia dove l'aria ascendente spazza via i brutti pensieri. Avremmo affrontato il buono e il cattivo come ci insegnarono al tempo i nostri nonni.

Ripenso a questo anno, all'avvicinarsi dei miei quaranta, sono novembrino quindi mi manterrò più giovane ancora per un po'. Aspetterò altri decennali senza fretta ma non perderò di vista un bel niente. Come sempre!

Gita di famiglia alle Cascate di Fanes,
 nel meraviglioso Parco Naturale delle Dolomiti d'Ampezzo

Ines con il nonno in Val Gallina



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