"Quattro passi nel fantastico"

La stagione invernale per un alpinista si prospetta sempre con un mare d'incognite: nevicherà? ne farà abbastanza da poter sciare le cime senza martoriare le solette degli sci?... basterebbe che facesse freddo così magari si vanno a provare le cascate di ghiaccio che non si è mai salito... oppure più semplicemente si ritorna a ripetere le solite, tanto non si formano mai in maniera identica da un anno all'altro. Se non fa ne tanta neve ne tanto freddo (ed è quì che viene fuori il vero spirito d'adattamento ) si può sempre inventare qualche salita invernale su roccia!

E' proprio così che ho dato inizio alle danze quest'anno appena cominciato, nel secondo giorno del 2022 le temperature erano assolutamente ideali per arrampicare al sole, con Teto è bastata una rapida consultazione per decidere di salire in Lavaredo con gli sci ai piedi e con l'attrezzatura da roccia nello zaino, destinazione Punta di Frida. L'assolato settore rivolto a sud offre un'ottima scelta di itinerari, da quello classico a quello moderno con la possibilità di rientrare in doppia atterrando direttamente sugli scarponi da sci parcheggiati alla base delle rocce. Abbiamo iniziato con la classica Comici alla Frida e invece di proseguire per la friabile piramide superiore fino in punta, ci è convenuto calare le doppie lungo la vicina  Via del Ricordo, aperta dal forte amico Simone "Scossa". In questo modo ci siamo fatti un'idea sulla "consistenza" di questa scalata per poi, giunti nuovamente a terra e dopo aver riconvertito le manovre di corda, ripartire verso l'alto seguendo questo impegnativo itinerario semi-sportivo. La chiodatura distante a spit e chiodi normali, unita alla buona qualità della roccia,  ha ripagato il fatto di non aver toccato la cima. Tanto, ritenendo che il tutto doveva esser soltanto un modo per riacquistare fiducia e feeling con l'ambiente, non c'era motivo per non pensare ad una prossima situazione magari alzando il livello della scalata. Questi propositi abbiamo potuto ampiamente approfondirli lungo la strada, costretti a deviare il rientro a casa per il Passo Cibiana, in quanto l'Alemagna era (come sempre, purtroppo!) intasata dal traffico.


Teto sul tiro chiave della Via del Ricordo

Con gli anni percepisco dentro di me un progressivo calo d'interesse per le cascate di ghiaccio, vuoi per la costretta necessità di fare parecchia strada verso nord per trovare un pò di ghiaccio formato, aumentando così le probabilità di trovarsi in coda con altri scalatori sacrificati nello stesso spazio disponibile. Per fortuna l'informazione fornita dai social permette una divulgazione di notizie anche sul sovraffollamento dovuto a corsi o meeting di arrampicata su ghiaccio. Sbirciando sulle pagine web di un gruppo FB ho potuto avere un esaustivo quadro della situazione, mettendo in atto una mia tattica studiata. Cascate celebri come la Spada di Damocle, Solo per Pochi e Brivido Sottile a Corvara contendevano una frequentazione continua anche nei giorni lavorativi. Per "strappare il primo biglietto" alla base di una remota Cassiopeo in Val Lasties, dopo soltanto due pubblicazioni in rete (con tanto di foto, data e condizioni del ghiaccio riscontrate) conveniva partire al buio prima delle 6 del mattino, inseguiti da una processione di lampade frontali lungo l'avvicinamento. Si capisce bene che trovarsi sotto l'unica cascata dei dintorni con un'ora e mezza minimo di scarpinata sulle gambe e dover attendere al freddo il proprio turno, non è proprio quel che s'intende isolamento... 

Bene. Attraversando il Piave lungo il cavo d'acciaio sospeso intorno alle sette del mattino e di sabato, ho potuto salire (autoassicurandomi sui due tiri centrali)Lacrime Ibernate, incontrando la prima cordata che saliva il primo tiro mentre io scendevo in doppia. Dietro di loro, una colonna infinita di contendenti (e non era ancora la settimana del Meeting).

secondo tiro di Lacrime Ibernate. ph gopro

terzo tiro di Lacrime.

 Mi sono subito spostato sulla dirimpettaia Futura, dove ancora non c'era nessuno ( evidentemente non aveva ancora avuto la dose di like ottenuta invece da Lacrime) e, salendola in un unico tiro autoassicurato con una mezzacorda, mi sono tolto dalle scatole ancora una volta, recuperando la corda mediante il kevlar come da mia abitudine. 


Futura

A mezzogiorno e dieci ero di nuovo a casa, a Tambre, a cucinare le costate alla brace. Nel frattempo le pagine FB si riempivano con disperati appelli di picozze nomic perdute nelle rapide del Piave, coppie di X-Dream dimenticate nel bosco ( probabilmente per impegnare le mani nei bisogni corporali)... E bisogna solo ringraziare che esistano sti modi generosi di divulgazione e ricezione perchè un giorno potrebbe esser sufficiente girare in quei luoghi per farsi il corredo nuovo!

A volte si passa la tutta settimana a racattare informazioni, per capire cosa fare e dove andare il fine settimana. Un'occhiata alle previsioni dell'ARPAV e una su FB, una terza su instagram e la raccolta di nozioni è ormai completa: Week-end con forti venti di Foen, ovviamente settentrionali, quindi esclusa la possibilità di provare un'invernale su roccia, a meno che non sia proprio sottovento... Constato che ancora nessuno sembra aver rivolto l'attenzione in quell'angolo appartato del Sella, impreziosito da una stupenda cascata di ghiaccio, nominata semplicemente Lasties, ritenuta da molti la biù bella perla delle Dolomiti. La salii nell'aprile di quattordici anni fa in compagnia di Francesco Cappellari. Reduci dal nostro viaggio sui ghiacci canadesi, ci sembrò di esser ancora di là, dentro gli scenari di Polar Circus e Kitty Hawk, cascate tra le più imponenti e spettacolari del mondo. Eravamo sperduti lungo il Canalone Lorenz sotto una insistente bufera primaverile, consapevoli che appena dietro l'angolo c'era la meraviglia, proprio perchè il Checco l'aveva svelata già anni prima. L'amore per l'incognita, impressa nel cuore da chi la ritiene un consueto modo di fare alpinismo, è un fuoco che stenta ad affievolirsi.

Il Cagia risponde che può venire, e probabilmene l'ho convinto (essendo pure lui tendente alla croda) con la promessa di un viaggio fantastico e avventuroso. Gli illustro il mio piano inviando su whats app schermate di webcam puntate verso il Piz Ciavazes con la mia traccia puntata in rosso, una freccia in prossimità della cascata nascosta e un probabile itinerario che ci porterebbe dritti alla base della concitata Cassiopeo... in questo modo potremo trovarci sotto quest'ultima in un orario in cui ipotetiche cordate sarebbero già di ritorno. E' uno dei miei soliti piani diabolici, nati dalla voglia di armonizzare questa pratica arrampicatoria. Sarà che le esperienze vissute sulle pareti della Palantina sono state assolutamente esaustive per il mio spirito di scoperta, ma c'è ancora molto da fare, se si possiede una propria visione nel ricercare l'avventura divertendosi.

Quando Peter ed io, alla vigilia di Natale del 2007, inventammo il viaggio che ci condusse a salire la via Raffaele Conedera alla prima torre del Camp, in Moiazza, partendo direttamente dal basso e percorrendo la Cascata delle Nevere, il nostro obiettivo non era tanto quello di siglare la prima invernale di una via di Lorenzo Massaroto, quanto quello di collegare semplicemente le due cose. Soprattutto evitando il bivacco perchè il giorno dopo era Natale!

Lo stesso spirito d'avventura mi spinse qualche anno fa a collegare in solitaria due cascate come Paperoga con la Cascata delle Nevere, camminando di fronte a tutta la parete nord-ovest del Civetta come per venerarla e dare un senso assoluto alla vicinanza delle due cascate ghiacciate.

Di recente, la mia traversata del Cimon di Palantina e monte Colombera, in Alpago, includendo sempre in solitaria le rispettive Ritorno al Futuro e Camino dei Tor, fa sempre parte della mia ricetta preferita.

Ritornando invece al viaggietto in Val Lasties in compagnia del Cagia, la promessa è stata ancor più seria: quella di un viaggio ad alto contenuto rock, portando non solo bacco e tabacco, ma pure il rock&roll nelle casse!

 Mai arrivati sotto al muro del Ciavazes col buio! Fuori dall'auto folate di vento urlano selvaggiamente.  Alle prime luci dell'alba c'infiliamo nel Canalone Lorenz, condizioni molto secche di neve rivelano tratti di arrampicata su pura roccia non banali, ma superabili. Poi gradualmente il ghiaccio inizia a comparire sempre più in forma, fino al confronto finale con quello che Beppe Ballico definì il "Pullman Verticale": un siluro di ghiaccio turchino incastronato nella Dolomia!

Teto sui primi risalti del Canalone Lorenz

Le prime colate di ghiaccio, prossimi a svoltare a destra

Teto sul primo salto.

Sotto al salto finale

secondo tiro di Lasties

terzo tiro di Lasties

Le emozioni le lasciamo per quando riguarderemo le foto al calduccio, per ora cerchiamo di concentrarci sulla scalata escludendo dalla testa il fragore delle raffiche che spazzano perfino pezzetti di roccia, fuori sul plateau sommitale. Giunti al sole e in balia delle forze della natura è impossibile far su la mezzacorda. Per fortuna dietro l'angolo della grande cengia siamo sottovento e possiamo giovare della neve dura per raggiungere l'altopiano delle Mesules, seguendo gli ometti  verso un'insenatura che ci dovrebbe depositare sotto la nostra seconda meta della giornata: Cassiopeo, in Val Lasties. Giunti a pochi metri di distanza e costeggiando lungamente la parete, ancora della colata di ghiaccio non c'è traccia. Solo all'ultimo momento appare in tutto il suo splendore, illuminata ancora parzialmente dal sole pomeridiano e priva di presenza umana! Sono le tredici infatti e ancora carichi d'energia ci prepariamo a salire il formidabile pilastro bianco in mezzo alla parete dolomitica dai svariati colori. 

Sulla grande cengia 



Sull'altopiano delle Mesules

La provvidenziale ferrata che ci deposita in Val Lasties


Cassiopeo


Teto  teme per una botta all'avambraccio causata da un pezzo di ghiaccio che gli ho mollato accidentalmente sull'ultimo tiro della cascata precedente. Quando mi raggiunge alla prima sosta mi rassicura che possiamo finire l'opera terminando la salita. E' fatta, rientriamo a valle a suon di Led Zeppelin, provenienti dall'inesauribile cellulare di Teto. 





le nostre energie invece subiscono un repentino calo alla vista della salita  che ci tocca affrontare per riguadagnare la quota del tornante, dove abbiamo parcheggiato il Caddy. Delle fatiche ci si dimentica presto, ma la necessità di rimediare una birra è un bisogno a cui non si può fuggire. Sulla strada del rientro, cullati dalle note del disco
Obscured by Clouds che il Cagia ha inserito (secondo il suo parere) per smorzare i toni, veniamo sopraffatti dalla mole del Civetta che sembra arginare il Passo Fedaia trattenendoci nel regno delle favole.

A casa, ancora una volta entra in funzione il terribile web, ma questo giro non ci sono buone o ridicole pubblicazioni... dalla Patagonia giunge la triste notizia che Korra Pesce non ce l'ha fatta, una scarica di ghiaccio e pietre, di rientro da una via nuova sulla nord del Cerro Torre.

Sappiamo di non aver "vinto niente e di non aver battuto nessuno", come diceva il buon Marco Pedrini sulla pellicola Cumbre, "ci è soltanto capitato di fare quattro passi nel fantastico". 

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